The Great Advantage of Being Alive FROM ENGLISH TO ITALIAN, Stagione quattro, per la serie "E se..."

« Older   Newer »
  Share  
Corinne - Tizy
view post Posted on 14/10/2008, 19:58




Beh, visto che ho già inserito una storia mia e che Jammarst ha aperto questa sezione dopo che le avevo fatto notare che mancava una sezione dedicata alle storie tradotte, non vedo perchè non dovrei approfittarne.
Spero che presto ci saranno anche storie tradotte dall'italiano all'inglese, ma nel frattempo vi metto una di quelle che ho amato di più tradurre.
L'autrice (Enigmaticblue), è bravissima a parer mio, e spero tanto di essere riuscita a rendere ugualmente bello il suo lavoro con la mia traduzione inesperta.
For anyone had not read never the tale in original language, I recommend they to go to the link that will find after, in way from can appreciate to the best this work of art. It's very, very beautyfull.
Bene, aggiungo inoltre che ho tradotto anche il seguito di questa storia, naturalmente con il permesso dell'autrice e che non appena finirò di inserire questa (e temo ci vorrà un pò, visto i capitoli lunghissimi), non mancherò di mettere anche quello.
Si comincia.


The Great Advantage of Being Alive



By Enigmaticblue



Traduzione by Tizy





Rating: PG 13
Disclaimer: Io non li possiedo. Non denunciatemi.
Riassunto: Stagione 4. E se l’Iniziativa avesse trovato un modo per trasformare Spike in un umano, piuttosto che dargli un chip? Solo che la trasformazione non sarà del tutto facile per lui, o per chiunque altro per una ragione. Scoprirà finalmente il grande vantaggio di essere vivo?
A/N: Questo è un po’ complicato. Per Spike la storia comincia subito dopo “Wild at Heart”. Per tutti gli altri, subito dopo un “Something Blu” leggermente alterato.
Il titolo della storia proviene da un poema di e. e. cummings, che si chiama “The Great Advantage of Being Alive”. So che questo è già stato fatto prima, ma questa è la mia prima storia di Spike che scrivo, che non inizia con lui innamorato di Buffy (Almeno che lui sappia). Così è un po’ diverso dal mio normale stile, ma alla fine sarà B/S.
Link della fanfiction in lingua originale: http://www.freewebs.com/enigmaticblue/

~~~~~



Capitolo 1: Lab Rat


“I’m not supposed to be scared of anything - But I don’t know where I am - I wish that I could move but I’m exhausted - And nobody understands (how I feel) - I’m trying hard to breathe now - but there’s no air in my lungs - There’s no one here to talk to - and the pain inside is making me numb. - Try to hold this under control…Feeling weak and weary - walkin’ through this world alone - Everything they say every word of it - cuts me to the bone (and I bleed) - I’ve got something to say - But now I’ve got nowhere to turn - It feels like I’ve been buried - underneath all the weight of the world…Now I’m goin’ through changes, changes - I’m blind and shakin, bound and breakin’ - I hope I’ll make it through all these changes…” ~ Three Doors Down, “Changes”

“Non si suppone che sia spaventato da qualcosa – Ma non so dove sono – Vorrei potermi muovere ma sono stanco – E nessuno capisce (cosa sento) – Ora sto cercando con forza di respirare – ma non c’è aria nei miei polmoni – Non c’è nessuno qui con cui parlare – ed il dolore interiore mi sta paralizzando. – Cerco di tenere questo sotto controllo…Sentendomi debole e stanco – camminando attraverso questo mondo da solo – Tutto quello che dicono ogni parola di questo – Tagliandomi fino all’osso (ed io sanguino) – Ho qualcosa da dire – Ma ora io non ho nessuno a cui rivolgermi – Mi sento come se fossi stato seppellito – sotto il peso del mondo…Ora sto passando attraverso cambiamenti, cambiamenti – Sono cieco e scosso, legato e ansimante – Spero che ce la farò attraverso tutti questi cambiamenti…” Three Doors Down, “Changes”.


Quando Spike riprese conoscenza, fu un po’ più che sorpreso nel ritrovarsi legato con delle cinghie ad un tavolo, con qualcosa di plastica in bocca. Il suo spolverino e la maglietta erano spariti, e gli uomini in camici da laboratorio che lo circondavano, erano occupati con vari attrezzi di acciaio immacolato. Solo il fatto che loro non gli davano attenzione, come se stessero perdendo tempo fino a quando il vero evento avrebbe avuto luogo, lo fece innervosire un po’.

Quando un altro camice raggiunse il gruppo degli altri ed il ritmo dell’attività aumentò, Spike divenne un po’ più che nervoso. La paura entrò dentro la situazione quando uno degli scienziati estrasse uno bisturi. Per un, breve terrificante momento, Spike fu sicuro che stavano per iniziare a sezionarlo vivo. Il taglio che l’uomo aveva fatto era poco profondo, comunque, anche se Spike non poteva davvero vederlo, era già stato tagliato prima. Non sentì tutto questo serio. Si permise di rilassarsi per un breve momento, fino a quando gli uomini in camice non estrassero una fiala verde e luminosa e la versarono sulla ferita sul suo torace.

Ci fu un’altra scintilla di paura, e poi un bagliore di luce che lo consumò e lo scaldò, tutto allo stesso tempo. Quel momento gli fece perdere la testa, sommerso dall’assalto furioso delle emozioni e sensazioni. Non c’era solo la colpa ed il rimorso (parole deboli comparate con le sensazioni attuali) che provenivano dal guadagnare un’anima, ma c’era la perdita della forza, dell’olfatto, e dell’udito, che erano causate dal perdere il suo demone. C’era il battito cardiaco, il sangue che pulsava nelle sue vene, il senso di terrore nel diventare umano. Era troppo, e la sua mente crollò sotto la pressione.

Più tardi, Spike non avrebbe saputo dire completamente quanto era stato in quel modo. Erano passati giorni almeno, prima che un pensiero lucido gli attraversasse il cervello, e poi fu solo dopo molto tempo che comprese che era in qualche genere di cella sterile, nudo, freddo ed affamato. Si perse di nuovo dopo questo, ma il suo stato catatonico non durò abbastanza per i suoi gusti.

I giorni seguenti furono un misero esercizio nell’aggrapparsi alla sua ragione con le punta delle dita, mentre cercava di fare piani per fuggire. Ogni momento sembrava essere consumato da sensazioni che aveva quasi dimenticato esistessero. Fame, sete, freddo, dolore, che erano tutti presenti in un modo in cui non lo erano stati quando era un vampiro. Spike voleva il suo spolverino con una brama che non aveva mai pensato possibile, non pensava a cosa rappresentasse. Voleva il suo effetto che lo corazzava ed il suo comodo calore. Voleva l’illusione di essere grande e cattivo e pauroso, così che probabilmente avrebbe iniziato a crederlo di nuovo, e forse sperare di trovare una via d’uscita. Ma nel frattempo, finse pazzia ed aspettò, aspettò il momento in cui loro avrebbero diminuito la sorveglianza.

~~~~~



<< Dottoressa Walsh? >> l’allievo entrò esitante nell’ufficio della Walsh. Quello che erano stati capaci di fare; trasformare davvero un vampiro in un umano, era fenomenale. Certo, non importava molto se la creatura in questione era impazzita subito dopo. Sembrava che stessero per tornare per tornare al piano originale e concentrarsi sull’impianto di chip di computer, piuttosto che lavorare per sintetizzare il sangue del demone.

<< Nessun cambiamento? >> Maggie Walsh si girò per affrontare il suo allievo.

L’allievo scosse la testa. << Il soggetto sta passando da completa catatonia a periodi di delirio. Non ha mostrato nessun segnale di miglioramento. >>

La dottoressa Walsh guardò il monitor. Il soggetto, chiamato Ostile 17 per i loro scopi, era arricciato in una piccola palla nell’angolo della cella. Quando avevano scoperto dei nuovi HST e le proprietà strane del loro sangue, c’erano state alte speranze. Essere capaci di trasformare i vampiri in membri produttivi della società sarebbe stato un successo più alto. Ma se il trattamento e la trasformazione, non producevano buoni risultati per curare il vampirismo, se tutto quello che ottenevano erano malati mentali, sarebbe stato più efficiente ed economico perfezionare il chip, o distruggere gli altri soggetti.

<< Voglio un altro set di test veloci. >> disse finalmente. << Non c’è nessun bisogno di fare altre prove ora che sappiamo quali possono essere i possibili risultati. Una volta che i dati saranno raccolti, preparate il soggetto per il trasferimento alla nostra struttura in Arizona. Abbiamo bisogno della cella per un altro HST. >>

L’allievo sembrò scettico. << Mi perdoni, dottoressa, ma è saggio spostarlo dalla nostra struttura? >>

<< Solo perché l’Ostile 17 se ne andrà, non significa che arriverà davvero alla sua destinazione, Matthews. >> replicò la Walsh. << Non c’è nessun bisogno di reclamizzare il nostro errore. >>

~~~~~



Spike stava arricciato su sé stesso, sia per scaldarsi che per pudore. Non aveva idea di dove fossero finiti i suoi vestiti, ma erano scomparsi mentre era fuori di sé. Il suo scopo al momento era progettare piani per fuggire; era l’unica cosa che lo teneva sano di mente. Ad un certo punto. Aveva riconosciuto in sé un irragionevole panico ed una rabbia bruciante. Era stata la rabbia a cui si era aggrappato; irritato che qualcuno avesse deciso di giocare a fare Dio con la sua vita, trattandolo come una cosa, un topo da laboratorio. Spike non aveva idea di quale sarebbe stata la reazione se avesse rivelato che non era matto come sembrava, ma aveva il sospetto che non avrebbe visto presto la fine di questo con facilità in ogni caso, per diverso tempo. Il più innocuo ed incapace lo credevano, più grandi erano le possibilità che abbassassero la guardia a quel punto.

La rabbia che sentiva salì soltanto, all’ingresso di un paio di giovani soldati che facevano da guardia. Loro avevano l’abitudine di parlare come se lui non fosse stato là, o non potesse capire, e trattandolo come una cosa indegna, da trascurare.

<< Ultimo set di test per l’idiota. >> annunciò Matthews. << Buona cosa. Questo ragazzo mi da i brividi. >>

Spike rimase immobile. << Non vedo cosa la Walsh voglia con quest’ultimo set. >> borbottò l’altro soldato. << Non è come se ci fossero stati dei cambiamenti. >>

Respinse anche la voglia di opporsi anche quando i due uomini lo misero in posizione seduta, così che potessero prendere un campione di sangue e misurargli la pressione, fra le altre cose. Gli stessi due soldati erano venuti prima per la stessa ragione, così non era niente di nuovo per Spike, sebbene ci fosse un momento di disagio questa volta, come non era successo prima. Quando i due soldati fecero commenti e si scambiarono pettegolezzi, resistette al desidero di fare i propri commenti. Adesso loro erano tutti rilassati attorno a lui, tutti lo erano. Nessuno pensava a lui come ad una minaccia, e lui cercò di ricordare a sé stesso che poteva certamente esserlo. Tentò di evitare la piccola vocina maligna nella mente che gli diceva che non sarebbe stato capace di fare niente contro un paio di soldati ben addestrati.

I due finirono i loro test, e poi uno di loro, Walker, così era stato chiamato, prese i campioni. << Ritorno subito. >> promise.

Questa era nuova. Spike tenne il viso inespressivo, mentre tentava di capire cosa questo sviluppo significasse per lui. Alcuni minuti più tardi il soldato tornò con in mano quello che sembrava un camice ospedaliero. Walker lasciò cadere il camice ai piedi di Spike. << Ora cosa? >>

Matthews sospirò. << Lo vestiamo, nimrod. Non possiamo portarlo fuori senza nulla addosso. >>

Walker fece un passo indietro. << Io non lo faccio. >> dichiarò.

Matthews roteò gli occhi. << Non fare lo stupido. >> il soldato si abbassò ed afferrò il braccio di Spike, sollevando l’uomo magro con una sorprendente gentilezza. << Ti vestirai da solo, o dovrò farlo per te? >> chiese.

Spike era dilaniato. Poteva mostrare un po’ di comprensione e vestirsi, ma quanto era troppo? Dove era il limite? Se sembrava consapevole era probabile che sarebbero stati più cauti, o non gli avrebbero permesso affatto di andare.

Quello era il problema più grande. Una volta che si fosse offerto, la sua libertà sarebbe finita. Istintivamente Spike seppe di avere una possibilità di scappare; mancando quell’opportunità non ce ne sarebbe stata un'altra. Sapeva anche che non c’era modo di riuscire a scappare facilmente. Come umano non era abbastanza forte, veloce abbastanza da farcela, a meno di non avere una fortuna sfacciata. E la sua fortuna ultimamente non era stata un gran che.

Decidere discrezione era la scelta migliore, rimase in piedi perfettamente fermo, fingendo completa instabilità mentale. Fortunatamente, Matthews reagì soltanto respirando profondamente e raccogliendo i vestiti.

Alcuni minuti più tardi, Spike era vestito per la prima volta da settimane, e si ritrovò almeno grato per questa poca dignità concessagli. << Usiamo le manette? >> chiese Walker dubbioso. << La Walsh ha detto… >>

Spike tentò di sembrare il più indifeso possibile. << Andiamo amico. >> rispose finalmente Matthews, dopo aver considerato la cosa. << Il povero ragazzo non sa nemmeno dove si trova. Fidati di me, non vorrai farlo agitare. Mettigli le manette ed è precisamente quello che succederà. >>

<< Va bene. >> disse Walker. << Andiamo, cervellone fiducioso. >> loro lo fecero camminare per il corridoio; uno per entrambi i lati sostenendolo per le braccia. Spike rubò sguardi clandestini ai paraggi, mentre camminavano. Celle bianche e sterili seguivano celle bianche e sterili, una dopo l’altra, tutte con un tipo diverso di demone o vampiro dentro. Sembrò che lui non fosse stato il solo su cui avevano fatto esperimenti.

Spike non tentò di tenere a mente dove stavano andando. Non aveva nessun desiderio di ritrovare la strada ad ogni modo, questo era sicuro. Ma più avanti che andavano, non faceva piani per tornare. Se questo tentativo di fuga non avesse funzionato, avrebbe cercato di assicurarsi che finisse con la sua morte, perché non sarebbe mai tornato là.

Dopo un certo numero di antri informi, finalmente si fecero strada verso una scala a chiocciola. Walker salì per primo, con Spike nel mezzo e Matthews dietro di lui. Spike aveva deciso di non agire stupidamente mentre salivano le scale, solo perché non voleva ritrovarsi in qualcosa di peggiore di quello che aveva lasciato alle spalle.

Uscirono in un parcheggio quasi vuoto, e Spike non si permise di ritrarsi quando la luce del sole gli colpì la pelle. Da una parte c’erano un paio di macchine ed un solo autocarro, c’era anche un largo furgone, come quelli usati dalle compagnie di sevizi pubblici, e Spike capì che stava per diventare la loro destinazione. Se avesse voluto scappare da lì, doveva farlo ora, prima che lo mettessero dentro il furgone. Perché una volta dentro, e sulla strada, sarebbe stato in un territorio sconosciuto, senza possibilità di uscire facilmente.

Spike aspettò piuttosto docile, osservando come Walker apriva la portiera del conducente, e poi faceva scattare la serratura del portello posteriore del furgone. Matthews aprì le porte, e strisciò dentro, controllando le cinture sul posto, per essere sicuro che fossero pronte per il trasporto. Quando Walker venne a mettersi accanto a lui, osservando l’altro soldato ed evitando di fare attenzione a Spike, lui capì che era ora di agire.

Con un movimento armonioso, Spike estrasse lo sfollagente di Walker dalla custodia e l’abbatté sulla tempia del soldato. L’uomo crollò a terra floscio in un mucchio, e Spike guardò come Matthews si girava per controllare. Senza esitazione, saltò dentro, ficcando il bastone nello stomaco dell’altro soldato, e quando si piegò su sé stesso, lo colpì anche alla testa. Spike diede ad entrambi un colpo extra sulla nuca, per assicurarsi che non si sarebbero svegliati abbastanza presto.

Una volta che l’azione era finita, Spike sentì gli effetti dell’adrenalina che correva, qualcosa che non aveva provato da quando Drusilla l’aveva incontrato in quel vicolo più di cento anni prima. C’era paura che gli ribolliva dentro, ed una sensazione di eccitazione, insieme ad un sudore freddo. Per uno terrorizzato, rimase solo un secondo inorridito a fissare i corpi dei soldati, per poi girarsi sui talloni, correndo come se la sua vita dipendesse da questo. Sapendo che probabilmente era così.

Quando Spike corse più veloce e più lontano che poteva, finalmente rallentò e poi si fermò. Si passò una mano attraverso i capelli fradici dal sudore e s’acquattò giù fra i cespugli vicini ad un gruppo di alberi. Ora che aveva l’opportunità di guardarsi attorno, Spike poteva dire di essere ancora a Sunnydale, vicino ad un parco boschivo vicino ai cimiteri. Istintivamente aveva evitato da solo le aree popolate della città, e finalmente la fortuna sembrava essere dalla sua parte. Sembrava che nessuno lo stesse seguendo, o gli avesse gridato di fermarsi. Capì molto bene che probabilmente sembrava un malato di mente scappato, e che sarebbe stata una buona idea non farsi vedere.

Spike rabbrividì all’ombra degli alberi. Il sottile camice ospedaliero che indossava non era adatto per l’inverno, anche in California, e la leggera brezza gli stava rapidamente asciugando il sudore. Se ne erano andati i giorni in cui la temperatura non aveva avuto importanza.

Non era solo l’aria esterna che lo stava facendo rabbrividire, comunque. Ora che aveva fatto una pausa nella sua fuga arrabbiata, aveva compreso che stava correndo via, non verso qualcosa, e non aveva idea di dove andare dopo. Ritornare alla DeSoto non era possibile; era troppo vicina a dove i soldati l’avevano catturato la volta prima. Spike non era per niente sicuro che le persone che conosceva a Sunnydale sarebbero state disposte ad aiutarlo, ma non c’era nessun altra scelta. Doveva andare da qualche parte, trovare un qualche rifugio, sia dai cattivi con cui era abituato ad uscire dopo il crepuscolo, che dai soldati che presto gli avrebbero dato la caccia.

Delle persone che conosceva, solo due a cui poteva pensare erano facilmente raggiungibili e abbastanza lontano dall’università, per sua fortuna. Ed era probabile che solo una delle due fosse capace di trattare con la trasformazione che aveva subito. Spike ingoiò la paura e si diede uno sguardo cauto attorno. Ora era solo questione di arrivare là non visto.

~~~~~



Giles guardò ancora la sua traduzione. Un collega di Oxford che conosceva per il suo ruolo al British Museum, aveva chiesto il suo aiuto con il documento. Apparentemente l’antico sumerico era stato inframmezzato con quella che Giles aveva riconosciuto come una lingua demoniaca. Gli ultimi giorni con il manoscritto erano stati quelli più difficili che avesse avuto da lungo tempo. Beh, i più interessanti, se trascurava gli spiriti dei nativi americani e il pasticcio di Willow con l’incantesimo “la mia volontà sia fatta”.

Dopo che il liceo era saltato in aria, aveva certamente guardato ansiosamente la sua vita agiata, pensando che avrebbe avuto il tempo per tutte le cose per cui non aveva mai avuto tempo in passato. E questo era certamente vero. L’unico problema era che Giles si era annoiato dalla fine dell’estate ad ora, ed aveva pensato con calma nostalgia alla libreria del liceo di Sunnydale. Infatti, a questo punto, sarebbe stato piuttosto felice di trovare un nuovo progetto che lo avrebbe impegnato ad occupare il tempo.

Un bussare frenetico alla porta interruppe i suoi pensieri e gli fece alzare lo sguardo sorpreso. Il fatto che la porta non si aprisse immediatamente, aumentò ancora di più il suo interesse. Buffy ed i suoi amici bussavano tipicamente e poi entravano subito dentro. Quando il martellio rincominciò, Giles finalmente si alzò per aprire.

Naturalmente, una volta che vide chi stava bussando, desiderò non essersi scomodato. << Spike. >>

<< Lei deve farmi entrare. >> il vampiro era evidentemente disperato, ma questo era poco per invogliare Giles ad accettare la sua richiesta. C’era molto poco al mondo che l’avrebbe incitato ad invitare di nuovo un vampiro in casa sua.

Ma una volta che Giles ebbe scoperto chi era alla sua porta, iniziò ad osservare le altre cose, come il fatto che Spike stesse indossando quello che sembrava un camice ospedaliero ed era a piedi nudi. Oltre a quello, fuori era piena luce del giorno, ed il vampiro che non aveva nessuna protezione contro la luce del sole, non stava fumando, e non sembrava preoccuparsi della sua imminente combustione. Rivelando più di tutto, la mano di Spike aveva aperto una breccia in quella che sarebbe dovuta essere una barriera invisibile, prendendo il polso di Giles in un gesto implorante. Una mano che era calda e un po’ sudata.

Giles non rispose alla sua richiesta, ma invece si allungò per afferrare il davanti del camice celeste di Spike, dandogli un rude strattone per farlo entrare. Spike non protestò neanche, invece si arrese con sollievo mentre l’ex-Osservatore chiudeva la porta. Giles poteva sentire il cuore di Spike che batteva sotto il suo pugno stretto, poteva vedere che era fradicio di sudore, ed era totalmente bianco e tremante di shock e paura. E nonostante tutto quello che era successo in passato, Giles si ritrovò a sentire compassione per il…beh, uomo.

<< Siediti prima di svenire. >> lo avvisò, senza scortesia. Spike quasi crollò sul suo divano, ancora tremando, e Giles andò a prendere una coperta. << Ecco. >>

Spike se l’avvolse lentamente sulle spalle. Stava ancora gelando anche nel calore relativo dell’appartamento. Non poteva impedirsi di pensare che i soldati fossero sulle sue tracce, pronti ad irrompere dalla porta in ogni momento. E non poteva smettere di tremare, anche se lo faceva sembrare una checca. << Bevi. >> Giles gli stava tendendo davanti un bicchiere d’acqua e Spike lo prese con gratitudine iniziando a berlo.

<< Piano. >> disse l’altro. << O ti farà male. >>

Lui ubbidientemente rallentò, finendo il bicchiere. << Grazie. >> disse con voce rauca.

<< Quando è stata l’ultima volta che hai avuto qualcosa da mangiare? >> chiese Giles. Ora che aveva avuto la possibilità di guardare meglio quello che una volta era stato un vampiro, Spike sembrava troppo magro, quasi deperito, come se fosse pronto a svenire da un momento all’altro.

Spike scosse le spalle, il movimento impedito dalla coperta che si era avvolto ermeticamente attorno. << Se sta chiedendo di qualcosa di solido, non lo so. >> rispose. << Mi hanno tenuto a dieta liquida per tutto il tempo. >>

<< Chi lo ha fatto? >> chiese Giles, sapendo che la risposta alla sua domanda sarebbe stata di aiuto per spiegare perché Spike era seduto sul suo divano con le pulsazioni, innanzi tutto.

Spike scosse la testa, il poco colore che aveva guadagnato scivolò via dal suo viso e le spalle si incurvarono un po’ di più. Giles riconobbe l’espressione sul suo viso come quella delle vittime di un trauma attraverso cui erano passate. << Devo insistere che tu mi dica cosa è successo, Spike. >>

Il più giovane (a guardarlo) uomo, guardò su verso di lui con un povero tentativo di sorriso. << Pensa che potrei bere qualcosa prima? >>

Giles lo guardò con aria di disapprovazione. << Non a stomaco vuoto. >> rispose, muovendosi verso la piccola galleria che portava in cucina. << Perché non mi dici quello che è successo mentre ti preparo qualcosa da mangiare? >> sapeva per esperienza che qualche volta era più facile raccontare una storia difficile, se nessuno ti stava guardando.

<< Mi hanno assalito da dietro. >> cominciò lentamente Spike. << Ero tornato in città per…beh, lei sa per cosa ero tornato. >>

<< Molto probabilmente lo so. >> rispose Giles, affettando il pane per i sandwiches e cominciando a preparare un po’ di tè.

<< La cosa successiva che ho provato, era che ero legato ad un tavolo ed alcuni individui mi tagliavano sul torace e vi versavano della roba verde scintillante. >> Spike tirò un profondo necessario respiro. << E come lei sa, ho le pulsazioni. >>

Quando l’ex-vampiro raccontò lentamente il resto della sua prigionia con i ragazzi soldato, come li chiamava, Giles si ritrovò non solo a sentirsi dispiaciuto per lui, ma quasi gli piacque. Significava qualcosa sull’uomo che Spike era, nell’essere stato capace di controllarsi abbastanza da tenere la sciarada della pazzia e poi la fuga. E quello che gli era stato fatto…Giles non poteva essere dispiaciuto che non fosse più un vampiro, ma il modo in cui quel gruppo l’aveva trattato dopo che era diventato umano, era spaventoso. Diceva qualcosa sulla loro definizione di “umanità”, che lo faceva riflettere. >>

<< E poi sono venuto qui. >> finì Spike, nel momento in cui Giles gli poneva il sandwich ed una tazza di tè, davanti. << Non sapevo dove altro andare. >> esitò leggermente, guardando senza vederlo il pasto di fronte a sé. La sua voce bassa e le spalle incurvate, erano in disaccordo con la vecchia immagine che Giles aveva del suo carattere. << Se potessi prendere la mia macchina, sarei fuori dalla sua vita. E’ solo che è troppo vicina a… >>

<< Non fare l’idiota. >> disse con fermezza Giles. << Non ti lascerò fuori in strada, non quando tu sei così chiaramente stanco morto. Puoi stare qui stanotte, e poi decideremo domani il da farsi. >>

Spike distolse lo sguardo, agitando la mascella, era duro comprendere perché qualcuno che aveva ferito in passato, ora fosse così disposto ad aiutarlo. Non riusciva a trovare le parole per rispondere. << Mangia. >> comandò Giles dolcemente. << Piano, bada, o ti sentirai male, e bevi il tuo tè. >>

Spike fece come gli era stato detto, trovandolo più facile che discutere o parlare dell’altro. L’ex-Osservatore aveva ragione, era stanco morto e non pensava che sarebbe riuscito ad andare da qualche altra parte, se Giles lo avesse buttato fuori. Probabilmente, sarebbe solo crollato sulla soglia e sarebbe rimasto là. Si costrinse a mangiare lentamente, sebbene avrebbe voluto divorarlo. Era il primo sapore di vero cibo che gustava da quando era diventato umano, e non pensava di aver mai assaggiato qualcosa di così meraviglioso in vita sua. Spike gettò a Giles un’occhiata grata, dopo che centellinando il tè, scoprì che lui l’aveva condito con una generosa dose di alcool. E quando finì, cercò ancora la guida dell’altro uomo.

<< Perché non vai a lavarti un po’? >> suggerì Giles. << Vedrò di trovarti dei vestiti puliti da indossare. >> mostrando il bagno a Spike, gli diede un asciugamano. << Metterò i vestiti sulla porta. >> poi se ne andò, lasciando Spike da solo.

L’ex-vampiro gettò uno sguardo allo specchio, spaventato nel vedervi il proprio riflesso, provando repulsione ed fascino alla vista. Repulsione, perché per la prima volta stava guardando il volto di un assassino. Fascino, perché era passato più di un secolo dall’ultima volta che si era visto. Deglutì e si fece più vicino, notando il biondo ossigenato dei capelli e le radici scure, ancora più ricci ed indomabili che mai. Si toccò la cicatrice sul sopracciglio, trovandola meno prominente di quanto aveva pensato che fosse. Ma i suoi occhi…

Spike voltò rapidamente le spalle al suo riflesso e si spogliò dello sporco camice di cotone, lasciandolo cadere in un mucchietto sul pavimento ed avanzando nella doccia. Usò lo shampoo ed il sapone che trovò, cominciando a lavarsi sfregando lo sporco accumulato. E improvvisamente tutto gli ricadde addosso.

Lasciò che lo spruzzo lo colpisse in faccia mentre singhiozzava di colpa, rabbia e dolore. Per aver guadagnato un anima, ed aver perso l’innocenza. Per il ritorno alla mortalità e alla moralità tutto allo stesso tempo, ed aver perso il suo demone. Pianse per tutto quello che aveva fatto, e tutto quello che gli era stato fatto. Pianse per il suo passato bagnato di sangue ed il futuro terrorizzante. E sembrò che tutta l’acqua del mondo non riuscisse a lavarlo.

~~~~~



Giles esitò fuori dalla porta del bagno. Poteva sentire il suono di un pianto sotto il rumore dell’acqua che scrosciava, e gli strazianti singhiozzi gli lacerarono il cuore in un modo che non seppe spiegare. Forse era giusto che Spike dovesse soffrire per quello che aveva fatto in passato, ma Giles trovò difficile provare soddisfazione. Ad un certo punto, Spike era stato un giovane uomo, probabilmente uno che era stato preso nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ora, lui era ancora una volta un giovane uomo, e veramente solo in un mondo che doveva sembrargli improvvisamente piuttosto strano.

Non c’era ragione per intromettersi in un momento talmente privato. Giles capì, specialmente dopo quello che lui aveva passato. L’umiliazione, in mancanza di una parola migliore, di essere stato messo in gabbia e spiato, era stata ovvia nella storia di Spike, e dal tono della sua voce. Giles non si sarebbe intromesso nella sua privacy a meno che non fosse stato assolutamente necessario. Lasciò i vestiti fuori dalla porta e ritornò in soggiorno.

Spike lo raggiunse alcuni minuti dopo, vestito con una maglietta ed un paio di jeans usati, che Giles aveva trovato sul fondo di un cassetto. I vestiti erano troppo grandi, ma erano più resistenti di quelli che aveva prima. Giles ignorò cortesemente gli occhi arrossati del giovane uomo, ed invece lo guidò su per le scale ed in camera da letto.

<< Puoi prendere il mio letto. >> disse piano. All’espressione di protesta di Spike, alzò una mano. << Tu ne hai più bisogno di me stasera. >> spiegò. << Ed io ho del lavoro che mi terrà occupato per un po’ di tempo. Il divano andrà bene. Dormi pure quanto vuoi. >>

Nonostante il burbero “Grazie” di Spike, Giles potè sentire della vera gratitudine nel suo tono, vederlo nel suo viso. Comprese che doveva abituarsi un po’ ad essere trattato davvero come un essere umano per la prima volta dopo settimane.

Tornando di nuovo giù per le scale, Giles prese un libro dalla mensola, mentre pensava a cosa potesse essere stato usato per effettuare un cambiamento da non-morto a tornare umano. La domanda era chiaramente, se era soprannaturale o scientifico, e sembrava che avrebbe dovuto spendere molto tempo per cercare di scoprirlo. Aveva bisogno di chiamare Buffy e farle sapere cosa era successo, dirle di questo misterioso gruppo militare. Ma non stasera. Stasera avrebbe indagato e fatto dormire Spike. Domani sarebbe venuto presto.


--------------------

A presto con un nuovo capitolo
 
Top
Corinne - Tizy
view post Posted on 10/11/2008, 22:13




Fanciulle e fanciulli, se non avete mai letto questa storia vi consiglio proprio di farlo, è una delle mie preferite e non lo dico perchè l'ho tradotta io sia chiaro. La verità è che adoro come scrive questa autrice. Il merito se la storia è bella è tutto suo, io mi sono solo limitata a tradurre quasi letteralmente cosa lei ha scritto, così se ancora non la conoscete ve la consiglio caldamente.
Enigmaticblue is the best, of the best, of the best! :wub:


Capitolo 2: The Burden of Life


“…I don’t want to hear the things - you say you know all you’ve redeemed - ’cause I can’t change what’s come before - build myself some better dreams - and cast off the fear that holds me here - so take a look outside yourself - and tell me what you see - I can’t believe - that you won’t see the change in me - give me strength to find the road that’s lost in me - give me time to heal and build myself a dream - give me eyes to see the world surrounding me - give me strength to be only me.” Over the Rhine, “Give Me Strength”

“…Non voglio sentire le cose – tu non sai tu non conosci cosa hai liberato – perché io non posso cambiare cosa è successo prima – costruendomi addosso dei sogni migliori – e gettare via la paura che mi trattiene qui – così getta uno sguardo fuori da te stesso – e dimmi cosa vedi – non posso credere – che non vedrai il cambiamento in me – dammi la forza per trovare la strada che ho perso – dammi il tempo di guarire e crearmi un sogno – dammi gli occhi per vedere il mondo che mi circonda – dammi la forza per essere solo me stesso.” Over the Rhine, “Give Me Strength”


<< Allora, Giles ha detto cosa voleva? >> chiese Willow mentre si dirigevano verso l’appartamento dell’Osservatore.

Buffy scosse la testa. << Non lo so. Ha solo detto di andare lì il prima possibile, e che aveva qualcosa da mostrarmi. Il messaggio era un po’ enigmatico. >>

Il messaggio di Giles non menzionava di portare anche Willow, ma la strega rossa si stava ancora sentendo colpevole per il suo incantesimo “la mia volontà sia fatta”. Dopo aver dimenticato di andare ad aiutare Giles con la ricerca che stava facendo, lo aveva accusato di non vedere, creando la sua cecità. Fortunatamente erano riusciti ad invertire gli effetti dell’incantesimo prima che fossero fatti più danni, ma Willow rabbrividiva ancora ogni volta che pensava a quello che poteva succedere. Adesso il suo desiderio era di aiutare in ogni modo possibile, specialmente da quando le mancavano i pezzetti di cioccolato.

<< Bene, non può essere troppo serio allora. >> disse Willow piuttosto allegramente. << Altrimenti avrebbe detto che era un’emergenza. >>

<< Uh huh. >> concordò Buffy un po’ distratta.

Willow guardò l’amica. << E’ chiaro, che ho letto sul giornale di Sunnydale che loro predicono la fine del mondo il prossimo martedì. >>

Buffy annuì. << Si. >>

<< Si suppone che una rana gigante atterri da Marte. >>

<< Giusto. >>

<< Io sto pensando di lasciare la scuola per raggiungere una comune in Tibet. >> offrì ancora Willow.

<< Grande. >> Buffy improvvisamente fece una duplice ripresa. << Huh? >>

Willow sorrise. << Okay, sei un po’ distratta. >>

Buffy fece all’amica un timido sorriso. << Stavo solo pensando. Evidentemente è un lavoro duro. >>

Willow sembrò speranzosa. << Vuoi dirmi di questo? Adesso sono tutta orecchi per il dolore delle altre persone. >>

<< Non è un gran ché. >> rispose Buffy. << Almeno penso di no. E’ su Riley. >>

<< Il nostro carino, ed affascinante T. A. a cui piaci. >> iniziò Willow << Pensavo le cose stessero così. Che succede? >>

Buffy scosse la testa. << Non mi trovo male, mi piace, è solo che lui è così…bello. Affidabile. Stabile. >>

<< E quella è una cosa cattiva? >> chiese Willow.

<< No. >> disse Buffy. << Nient’affatto. Infatti, questo è proprio quello di cui ho bisogno veramente nella mia vita. E’ quello il mio problema…la mia vita. Willow io non sono una ragazza stabile. Non sono normale. Non posso essere affidabile anche se vorrei esserlo. Ed uno di questi giorni dovrò dire a Riley chi…e cosa…sono. >>

Willow avvolse un braccio attorno all’amica. << Guarda Buffy, che Riley sembra un ragazzo abbastanza decente. E’ probabile che sarà scioccato, ma la supererà. Xander ed io stiamo bene con questo. >>

<< Tu e Xander siete unici nel vostro genere. >> rispose Buffy con un sorriso addolorato. << Non penso che voi ragazzi andiate bene come paragone. Sono sicura che starà bene, ma so che devo dirglielo presto, ed io non so come, o neanche cosa dire. >> loro si stavano avvicinando all’appartamento di Giles e Buffy guardò implorante verso Willow. << Guarda, non dire niente a Giles, va bene? So che dovrei essere una ragazza in incognito, ma se funzionerà con Riley, dovrò dirglielo prima o poi. >>

<< Le mie labbra sono sigillate. >>

Buffy bussò velocemente alla porta di Giles e poi entrò dentro, con Willow alle costole. << Giles? >> lo chiamò la Cacciatrice. << Hello? >>

<< Ah, Buffy. >> Giles entrò nel soggiorno dal retro dell’appartamento. << Sono contento che tu sia qui. >>

<< Allora, che succede? >> chiese Buffy curiosa. << Il suo messaggio non dava molte informazioni. >>

Giles si schiarì la voce. << Si, bene, non c’è nessuna minaccia vitale, ma forse vuoi sederti. >>

Buffy alzò le sopracciglia e poi guardò verso Willow che sembrava altrettanto confusa. << Okay. Mi sta spaventando. >>

Giles si tolse gli occhiali e si massaggiò il ponte del naso. << Si, bene, Spike ieri sera si è presentato alla mia porta. >>

<< Spero che questa storia abbia un finale polveroso. >> affermò Buffy.

<< Non esattamente. >> rispose Giles. << Sembra che Spike non sia più un vampiro. >>

Ci fu una lunga pausa e poi Willow cominciò lentamente a parlare. << Se lui non è un vampiro, che cos’è, Giles? >>

<< Lui è umano. >>

<< Questo è impossibile. >> disse piattamente Buffy. << Lui sta mentendo. >>

Giles le sparò un’occhiata che le disse che aveva creduto che la sua intelligenza fosse stata offesa. << Uno non può alterare le proprie pulsazioni e battito cardiaco, Buffy. Né poteva introdursi in casa mia senza un invito. >>

Il volto di Buffy diventò solo più rigido. << Non mi importa, Giles. Se ci fosse stato un modo per far diventare i vampiri umani… >> lei si interruppe, il dolore che le balenava sul volto.

<< Ti capisco Buffy, davvero. >> rispose Giles, il più dolcemente possibile. << Ma questo non cambia il fatto che Spike ora è umano. >>

La Cacciatrice scosse la testa. << Voglio vedere con i miei occhi. >>

Il suo Osservatore esitò e finalmente annuì. << Sta ancora dormendo, ma suppongo che non farà male andare a controllarlo. >>

<< Gli ha permesso di dormire nel suo letto? >> domandò Buffy, mentre Giles si avviava alle scale.

Giles le diede un’altra occhiata. << L’ho fatto. Ed è stata una mia scelta. >> Willow notò che questo metteva fine alla discussione, ma Buffy aveva ancora quell’espressione caparbia sul volto. La strega ebbe una premonizione improvvisa, mentre seguiva gli altri sulle scale, Buffy stava per rendere le cose molto dure per Spike.

~~~~~



Spike si sveglio lentamente alla sensazione che qualcuno lo stesse guardando. Aveva avuto quella stessa sensazione nella prigione sotterranea in cui era stato continuamente tenuto. Il ripristino di quella sensazione gli inviò una fitta di terrore che lo attraversò, facendogli pensare che forse la fuga era stata solamente una fantasia. Aprire gli occhi e vedere tre facce che lo scrutavano, confermò i suoi sospetti, ed era già a mezza strada per la stanza, prima che registrasse che Giles aveva solo portato degli ospiti a fargli visita.

Vergognandosi per aver mostrato la sua paura, si tirò la coperta di lana addosso al corpo nudo e ringhiò << Avvertire no? >>

Giles che era rimasto un può sorpreso per il suo movimento veloce, gli fece un sorriso di scusa. << Certo, perdonaci. Buffy voleva solo vedere il tuo... nuovo stato. >>

<< Lo ha visto. >> disse lui, e non molto gentilmente << Vi dà fastidio se ora mi vesto? >>

<< Oh, giusto. >> un Giles leggermente agitato riuscì a sospingere entrambe le ragazze fuori dalla stanza. Spike che poter vedere che Buffy sembrava decisamente arrabbiata, sebbene non poteva dire con certezza perché fosse arrabbiata con lui. Willow d'altra parte era sembrata solo un po’ imbarazzata.

Spike aspettò finché non sicuro che erano usciti dalla stanza prima di districarsi dalla coperta. Era solo grato d'averla tirata via con sé nel suo volo arrabbiato fuori dal letto, piuttosto che farsi vedere da tutti. Rifece velocemente il letto meglio che poteva, dal momento che aveva potuto riposarvi. Spike probabilmente non aveva detto molto a Giles, sapendo molto bene che l'altro uomo avrebbe potuto facilmente buttarlo fuori. Certamente in passato non gli aveva mai dato una ragione per aiutarlo.

Gettando uno sguardo all'orologio, notò con sorpresa che era primo pomeriggio; aveva dormito quasi per un giorno. Si sentiva certamente dannatamente meglio del giorno prima. Spike non aveva pensato che sarebbe stato capace di dormire prima di tutto, era anche vero che non aveva avuto un riposo decente da quando era stato catturato. Doveva essere stato più stanco di quanto avesse immaginato.

Si infilò gli abiti prestati, completamente consapevole che probabilmente sembrava uno stupido imbranato nei pantaloni e nella maglietta enormi. Spike che si passò una mano fra i capelli e fremette. Li sentiva indisciplinati, e non c'era modo di renderli decenti prima di scendere le scale.

Spike che scese lentamente gli scalini, mentre si chiedeva che genere di accoglienza poteva avere da una Cacciatrice infastidita. Non dovette aspettare molto. Bastò uno sguardo, e lei cominciò a ridere istericamente.

<< Oh, santo cielo, Giles! >> esclamò Buffy. << È sicuro di non averlo tirato su da un fosso? >> lei diede ancora un altro sguardo a Spike prima di ridere ancora. << Sembra decisamente patetico. >>

Adesso Spike comprese perché era probabile che Buffy volesse prenderlo a botte. Dopotutto, l'ultima volta che si erano visti, lui le aveva fatto lo stesso. Questo però non voleva dire che comunque dovesse piacergli, ed era incerto su come reagire. Non poteva più lottare di fisicamente con lei, e si ricordò che in ogni caso un gentiluomo non picchia mai una donna in nessuna circostanza. Questo voleva dire che poteva risponderle in modo maleducato, anche se era qualcosa che lo metteva a disagio, o semplicemente riusciva ad accettare.

<< Perché diavolo l'ha ospitato, Giles? >> chiese Buffy, quando finalmente il controllo. Spike si sentiva sempre più a disagio, più che lei rideva. << Era indegno come vampiro, così non è certo che migliorerà adesso. >>

Spike stava iniziando a pensare che andare via sarebbe stata una buona scelta, ma Giles iniziò a parlare. << Buffy ti ho spiegato quello che è successo. Sembra che i soldati che hanno fatto questo a Spike fossero gli stessi che quasi non ti permisero di arrivare in tempo da Willow. >>

Ogni allegria lasciò il volto di Buffy e sembrò implacabile. << Va bene. Lui ci dice quello che sà e poi noi glielo rendiamo. Non penso che esista la prescrizione per l'omicidio. >>

Spike si ritirò come se fosse stato colpito. Le parole della Cacciatrice erano andate molto più vicine al senso di colpa che provava, di quanto avesse desiderato pensare. << Non devo stare qui ad ascoltare questo. >> disse rauco, mentre si avvicinava alla porta. Il suo senso dell'onore non gli permetteva di insultare a sua volta. Inoltre, era stato fuori di sé per settimane, non sapeva cosa dire che l'avrebbe ferita così tanto come aveva appena fatto lei. Spike voleva uscire ora. Via da Buffy che lo accusava con volto ed occhi intransigenti. Non era sicuro di poterlo sopportare.

<< Spike, aspetta. >> Giles lo richiamò. L'osservatore si girò e diede alla Cacciatrice uno sguardo disapprovatorio. << Adesso basta, Buffy. Spike ha delle informazioni che potrebbero esserci molto utili. Oltre a quello, lui ne ha già passate abbastanza. Non lo daremo ai soldati, o a nessun altro per nessuna ragione. >>

La mano di Spike era ancora sulla porta ed era pronto per andare via. << Spike, non poi andartene. >>

<< Perché no? >> chiese lui piano << Perché no dannazione? Vuole tenermi qui adesso? >>

<< Esattamente. >> rispose Giles nel silenzio aspro che seguì la sua domanda. << Ma pensa per un momento. Non hai documenti, soldi o amici. Se esci fuori da qui, e qualcuno ti individua, non ci sarà niente che fermerà quei soldati, chiunque siano, dall’imprigionarti. Tu non hai protezione. >>

Spike esitò, e poi scosse le spalle arrendendosi. Giles aveva ragione. Lui aveva alcune cose in macchina, dei vestiti ed un po' di soldi, ma non molto. Come umano, aveva bisogno di cose che lo identificassero, la patente, e non aveva modo di trovarla da solo.

<< Va bene. Ma cosa si suppone dovremmo fare con lui? >> chiese impazientemente Buffy << Non è che qualcuno di noi ha il tempo di fare da baby-sitter ad un ex vampiro. >>

<< Mi sono preso io la responsabilità per lui. >> rispose Giles. << Continuerò a farlo. Ma abbiamo bisogno di lavorare su quello che faremo con i soldati. È probabile che Spike sia capace di condurci dove sono. >>

<< Penso che saremo in grado di occuparci di queste cose senza il dannato ossigenato, Giles. >> protestò Buffy.

Spike finalmente intervenne. << Sono proprio qui. >> Giles sembrò provare vergogna, ma Buffy gli diede semplicemente un'occhiata dura, forzando finalmente Spike a distogliere lo sguardo. << Guardate, io torno di sopra. Quando avrete finito di decidere della mia sorte, fatemelo sapere. >>

Con questo loro lo guardarono salire le scale, e poi Giles guardò di nuovo Buffy, chiaramente deluso. << Buffy! Non c'era bisogno... >>

Buffy rispose al suo rimprovero con un bisbiglio sibilante. << Forse lei ha dimenticato cosa è lui, ma io non l'ho fatto, Giles. Lui è un assassino. >>

<< Lui è umano. >> disse Giles, quasi duramente. << O daremo la caccia ad Angel in quanto assassino? >>

Buffy aprì la bocca per replicare e scoprì di non avere una risposta. Non c'era niente che potesse dire. Il suo Osservatore annuì. << Non mi aspetto gentilezza da te, ma mi aspetto almeno un minimo di civiltà. La macchina di Spike è ancora da qualche parte. Mi piacerebbe che tu e Willow andaste a recuperare le sue cose dato che lui non può rischiare di essere visto al momento. >>

<< Va bene. >> quasi ringhiò Buffy. << Dov’è? >>

<< Non ho avuto l'opportunità di chiederglielo. >> rispose l'osservatore, stancamente. << Presumo... >>

<< Vado io. >> si offrì Willow. Gli altri due la guardarono sorpresi. Lei era rimasta silenziosa per la maggior parte della discussione. In verità non era stata sicura di cosa dire e a chi. Se Spike non era più un vampiro, non c'era veramente una buona ragione per odiarlo. Come aveva detto Giles, loro sembravano aver perdonato Angel per tutto quello che aveva fatto come Angelus. La stessa regola avrebbe dovuto essere applicata Spike, ma ancora più di così, in quanto lui era umano e non poteva perdere la sua anima. Allo stesso tempo, Willow aveva la cattiva sensazione che la rabbia di Buffy avesse molto a che fare con il fatto che Spike era umano. E, un altro certo vampiro, non lo era, sottolineando quanto iniqua fosse la vita.

In ogni caso, lei ricordava bene come ci si sentiva ad essere trattati male e messi da parte. Lei lo aveva subito abbastanza fino a liceo e finché Buffy non era arrivata. Willow aveva un debole per i perdenti. << Non mi pesa. >> iniziò a dire. << Non è come se lui mi dovesse mordermi o qualcosa del genere. >>

Willow salì le scale, lasciando un silenzio teso dietro di sé. Aveva la sensazione che Buffy avrebbe trovato difficile da mandar giù l'accettazione di Giles per l'ex vampiro. Bussò esitatamente alla porta aperta. << Hey. >>

Spike le gettò uno sguardo. << Hey. >>

Willow poteva dire dall’espressione del suo viso che lui stava cercando di non piangere. Anche lei c’era passata. << Giles vuole che io e Buffy prendiamo la tua roba dalla macchina. Abbiamo solo bisogno di sapere dov’è. >>

<< Oh. >> ci fu una lunga pausa e poi lui disse molto piano: << Non dovrei essere qui. >>

Willow fece un timido passo avanti e poi sembrò decidersi, sedendosi sul letto accanto a lui. << Perché no? >>

<< Non ho già fatto abbastanza danni? >> chiese lui. << Dovrei solo andarmene. >>

<< Dove? >>

<< Non lo so. Ho un po’ di soldi. Abbastanza da lasciare questa città. >>

<< E poi cosa? >> chiese ragionevolmente lei. Alla sua alzata di spalle, Willow disse piano. << Non ascoltare Buffy. Lei è ancora arrabbiata con te per, lo sai, per tutto. Ma la supererà. >>

Spike rise tristemente. << Giusto. Perché di solito le persone cercano di ucciderti. >>

<< Anche Angel ha cercato di ucciderla. >> Willow lo guardò sinceramente. << Mi dispiace. >>

<< Per cosa? >> chiese lui piano.

Lei sorrise un po’. << Beh, non perché non sei un vampiro, perché per me questa è una cosa buona. Ma sono dispiaciuta che sia dura per te. >>

Spike la sbirciò con la sua aria da gufo, e per un minuto, Willow pensò veramente che era probabile che lui si mettesse a piangere. Finalmente lui semplicemente scosse la testa e le sorrise. E nonostante che Willow non si sentisse impazzire per i ragazzi al momento, la dolcezza della sua espressione la sciolse. << Grazie, Rossa. E mi dispiace. Per tutte le cose che ti ho fatto. >>

<< Considerale dimenticate. >> rispose lei. << Allora, la tua macchina? >>

~~~~~



Lei e Buffy andarono in silenzio alla macchina. La direzione che Spike aveva preso per tornare a Sunnydale diceva piuttosto chiaramente quali erano state le sue intenzioni. Solo il fatto che la DeSoto fosse così vicina all’università non entusiasmò la Cacciatrice. Willow, d’altra parte, vedeva la cosa più filosoficamente. Dopotutto, lui aveva parcheggiato la macchina quando era ancora un vampiro.

Buffy, da parte sua, era completamente ed improvvisamente arrabbiata. Era arrabbiata che Giles avesse ospitato Spike, umano o no. Era arrabbiata che Spike fosse umano. Era arrabbiata per non poterlo impalettare, perché la piccola sconfitta con la Gemma di Amara le bruciava ancora. Dannazione, era arrabbiata perché non poteva neanche ridurlo in poltiglia. Spike ancora le dava sui nervi, anche con un battito cardiaco, ed ora, non poteva fare niente in proposito.

C’era una parte di lei che riconosceva la sua rabbia come irrazionale, e si chiese se fosse mal riposta, ma Buffy stava godendo troppo dall’essere arrabbiata per chiederselo seriamente. << È là. >> disse, mentre si avvicinavano al veicolo. << Non riesco a credere che sto recuperando la roba di Spike per lui. >>

<< Beh, Giles aveva ragione. >> disse ragionevolmente Willow. << Probabilmente Spike si sentirebbe meglio se avesse le sue cose. >>

Entrambe fissarono dubbiose la macchina, nessuna di loro due voleva veramente frugare all’interno dell’auto, o della bauliera. Buffy finalmente sospirò ed aprì la portiera dal lato del conducente, tirando fuori da sotto il tappetino le chiavi. Erano esattamente dove Spike aveva detto di averle lasciate. << Bene, è fortunato che la polizia non l’abbia sequestrata. >> mormorò. << Perché di sicuro non sarei andata a recuperarla per lui. >>

Buffy guardò indietro alla bauliera e poi alle chiavi in mano. << In effetti… >> disse lentamente. << Sarebbe veramente stupido lasciarla qui. È probabile che venga portata via. >>

Gli occhi di Willow si allargarono leggermente. Buffy e le auto non erano una buona mistura. Buffy e le auto erano un po’ come l’acqua e l’olio.

<< Buffy… >>

<< Penso che dovremmo portarla indietro da Giles. >> annunciò lei.

Willow aprì la bocca per protestare e poi vide l’espressione sul volto dell’amica. La Cacciatrice aveva la sua “faccia risoluta” che non intendeva ragioni. << E va bene. >> concordò dubbiosamente. << Solo ricorda. Tu rompi, tu paghi. >>

Fortunatamente, Buffy guidò la macchina fino a casa di Giles senza altre disavventure. Sebbene Willow pensasse che era probabile ci fossero dei nuovi graffi causati dall’albero che avevano colpito di striscio. Almeno un albero non richiedeva i danni dell’assicurazione, considerando che non l’avevano.

Giles e Spike guardarono verso di loro quando entrarono, evidentemente sorpresi che non avessero niente con loro, aspettando dei chiarimenti. Buffy non si disturbò a darne nessuno, accomodandosi invece sul divano con un espressione arcigna sul volto. << Abbiamo fatto? >> chiese. << Perché si da il caso che stasera io abbia un appuntamento galante per cui mi devo preparare. >>

<< Oh, e la macchina è qui in strada. >> aggiunse velocemente Willow, prima che i due uomini chiedessero.

La bocca di Spike si aprì per quella che probabilmente avrebbe dovuto essere una clamorosa protesta, ma qualunque cosa vide sul volto di Buffy, gliela fece serrare di nuovo rapidamente in quel momento. << Scusatemi. >> mormorò, alzandosi e andando alla porta.

Buffy non si disturbò neanche a guardarlo. La sua idea di civiltà era ridotta all’ignorarlo, e così fece. Willow invece offrì un sorriso amichevole. << Hai bisogno di aiuto? >>

Spike le diede un mezzo sorriso ed un rapido scuotere della testa, prima di scomparire fuori dalla porta. Willow e Giles si scambiarono un’occhiata, e lui si tolse gli occhiali per pulirli. << Buffy, se senti di dover andare via, sei certamente libera di farlo. >>

<< Okay. >> disse allegramente Buffy, alzandosi in piedi. << Ci si vede. >> prima che Giles potesse dire qualcos’altro o cambiare idea, era già alla porta, aprendola per trovare Spike di fronte a sé. Buffy gli diede un’occhiata dura e poi lo spinse per oltrepassarlo, apparentemente senza accorgersi che lo aveva quasi gettato a terra come un birillo.

Willow la seguì dappresso, e diede a Spike una carezza sul braccio nel passargli davanti. << Ci vediamo. >>

Spike osservò in silenzio le ragazze andarsene. Non si era aspettato che Buffy sarebbe stata felicissima per la sua trasformazione, ma non si era certo aspettato che lei fosse anche tanto crudele. Lo aveva guardato come se fosse stato qualcosa di sporco attaccato alla suola della sua scarpa. << Spike? >>

Guardò indietro a Giles, una sacca nera e consunta gettata sulla spalla. << Dovrei cambiarmi. >>

Spike si lasciò cadere in qualcosa di simile ad uno stordimento dopo ciò. Non c’era veramente nessun posto dove poteva mettersi in salvo, ed era già abbastanza che Giles gli permettesse di restare. Esclusa la prima notte, lui dormì sul divano e non si spostò da lì. Era più semplice che darsi da fare. Le sensazioni, le emozioni associate al diventare umano erano troppo opprimenti per lui per essere attivo. E per quanto l’appartamento di Giles fosse un posto abbastanza bello, era ancora una prigione. Solo che là non sembravano esserci molte ragioni per lottare contro di questo, per contrastare la sua depressione che si approfondiva.

Giles da parte sua stava iniziando ad interessarsi all’ex-vampiro. Spike stava passando la maggior parte del tempo davanti alla televisione, sebbene non vi fosse veramente concentrato sopra. Spike veramente, non si stava concentrando molto, su niente. Le poche volte che apriva un libro, fissava le pagine senza vederle, fino a quando non lo chiudeva. Mostrava poco interesse ad entrare nel gruppo, e tendeva a scomparire ogni volta che qualcuno, a parte Giles, era a giro.

Dopo alcuni giorni in cui Spike non mostrò nessun segnale di miglioramento e l’apatia aumentava, Giles decise di prendere la faccenda in mano. Spike aveva i vestiti per cambiarsi, ma gli stivali che i soldati gli avevano preso erano gli unici che aveva posseduto. Senza scarpe, non erano molti i posti dove poteva andare, anche se era più sicuro per lui non andare a giro.

Nel quinto giorno di soggiorno di Spike, l’Osservatore pose una scatola di fronte a Spike, che era seduto sul divano con lo sguardo fisso nel vuoto. << Ecco qua. >>

Spike sembrò riscuotersi leggermente fissandolo. << Cos’è? >>

<< Aprila. >> rispose Giles, guardando come Spike prendeva la scatola e tirava via lentamente il coperchio, sbattendo le ciglia molte volte confuso.

<< Cos’è questo? >> chiese finalmente Spike, fissando stupidamente il paio di stivali neri.

Giles si sedette sulla sedia accanto al divano. << Devo andare al supermercato. >> affermò. << Da quando sei qui, mangi il mio cibo, così mi aspetto il tuo aiuto. >> lui guardò come Spike metteva una mano esitante a toccare gli stivali, come se fosse possibile che scomparissero improvvisamente. Giles non era sicuro di cosa dire o cosa fare in quella situazione. Gli anni passati con Buffy non lo avevano reso quello che alcuni chiamavano “emotivamente disponibile”. In effetti, era piuttosto contenuto con la sua natura riservata, e non aveva nessuna ragione per cambiare, a parte in occasioni come questa, dove avrebbe voluto essere capace di dire la cosa giusta, e non aveva idea di quale probabilmente fosse.

<< Spike. >> cominciò. << So che questa è una transizione difficile per te, ma non devi permetterle…di impedirti…dal vivere. >>

Spike lo fisso, la disperazione nei suoi occhi era una cosa tangibile. << Come? >>

<< Non lo so. >> confessò Giles. << Ma io credo che il primo passo sia uscire da casa. >>

Un po’ più di energia accese il volto di Spike. << Pensavo avesse detto che era troppo pericoloso andare fuori. >>

<< Si, beh, non da solo. Comunque, quei soldati sembrano voler rimanere segreti, ed io dubito che vogliano richiamarsi l’attenzione addosso. Se tu sei con qualcuno, non penso che agiranno contro di te. >> Giles l’osservò, provando un tremendo senso di compassione per il giovane. << Allora andiamo? >>

<< Non penso di avere scelta. >> rispose Spike, con un accenno di umorismo nella voce e nel viso.

Giles distolse lo sguardo. << No, beh, non ce l’hai. Stavo solo facendo il gentile. Quindi mettiti le scarpe ed andiamo. >>

Giles stava iniziando a pentirsi di aver costretto Spike a venire al supermercato con lui. Pur non facendo discussioni, o veramente lamentarsi per essere dovuto venire, Spike si rifiutava di prendere una decisione su qualsiasi cosa. Quando gli si chiedeva delle sue preferenze o su una cosa o sull’altra, lui alzava semplicemente le spalle e mormorava “non lo so”. Questo stava facendo impazzire Giles. Odiava comprare cibarie, e aveva sperato che Spike potesse almeno dargli delle idee su quello che potevano mangiare.

Finalmente, fermò il carrello in mezzo alla corsia e lo fulminò. << Potresti prendere una decisione? >> pretese.

Spike lo guardò sorpreso. << Huh? >>

<< Ti avevo chiesto di aiutarmi. >> gli ricordò Giles. << Non sei d’aiuto. >>

Finalmente Spike scosse le spalle e si passò la mano fra i capelli, in quel momento bicolori. << Stavo cercando di dirle, >> spiegò. << che non so quello che mi piace di più. Tutto ora ha un sapore diverso. Mi piace ancora il cibo umano, ma…è diverso. >>

Giles lo fissò e poi sospirò. Era chiaro che per lui fosse diverso. Non aveva idea del perché non ci avesse pensato prima. << Allora, c’è qualcosa che sai che non ti piace? >>

Spike lo fissò storto. << Dopo quella merda con cui mi alimentavano, non penso che ci sia qualcosa che non mi piaccia, basta che lo possa masticare. >>

<< Bene allora, guardiamo nella sezione carne. >> suggerì Giles.

Stava cercando di decidere fra manzo e pollo, quando una voce lo chiamò. << Signor Giles? >>

Giles si girò per vedere Joyce Summers che gli sorrideva. << Signora Summers. Come…è bello vederla. >> l’imbarazzo per l’episodio dei dolcetti, doveva completamente sparire dalla loro relazione.

<< Anche per me. >> rispose lei sorridendogli brillantemente. << Ne è passato di tempo. Non la vedo fin dal diploma di Buffy. >>

Giles annuì rapidamente. << No, in effetti. Buffy mi ha detto che sta viaggiando molto. >>

<< Per la galleria. >> spiegò Joyce con una piccola alzatina di spalle. Come a dire “che ci vuol fare”. << Mi tiene occupata. >>

Ci fu un momento di imbarazzo dove entrambi considerarono cosa dire, senza arrivare a nulla. Finalmente, Giles colse l’unica distrazione possibile, e guardò verso Spike, che in quel momento stava sembrando a disagio. << Ah, credo che conosca Spike. >>

Spike guardò su con quello che poteva essere descritto solo come allarme, mentre Giles pronunciava il suo nome. Joyce d’altra parte sembrò sorpresa e mitemente contenta. Non certo la reazione che probabilmente l’Osservatore si aspettava. << Certo. >> disse Joyce, con vero piacere sul volto. << Come stai? >>

Spike si riscosse un po’, non sapendo cosa rispondere precisamente alla domanda. << Bene. >> diventò silenzioso, e poi sembrò ricordarsi le buone maniere. << È bello rivederla signora Summers. >>

Joyce sembrò leggermente confusa e gettò uno sguardo a Giles per scoprire cosa stava succedendo. << Spike è passato attraverso a qualcosa di simile ad una trasformazione. >> le spiegò lui brevemente.

<< Quello che non le sta dicendo, è che io ora ho un battito cardiaco. >> disse bruscamente Spike, sebbene parlasse a voce bassa.

<< Oh. >> Joyce aggrottò le sopracciglia. << Non pensavo che fosse possibile. >> si avventurò.

Spike le diede un’occhiata scontenta. << Non lo sarebbe, ma ora è qua. >>

Giles era interessato. Oltre al cieco panico che aveva mostrato quando era arrivato alla sua porta, questo era lo Spike più interattivo da giorni. Osservò come gli occhi di Joyce e Spike s’incontravano, e qualche tipo di comunicazione silente si istaurava. Sembrava esserci qualche tipo di comprensione fra quei due. << Bene, se hai bisogno di qualsiasi cosa, ho ancora quei piccoli marshmallows che ti piacciono. >> disse Joyce.

Spike chinò leggermente la testa, e Giles potè vedere un debole rossore tingergli gli orecchi e la nuca. << Grazie. >>

<< In qualunque momento. >> rispose lei, e guardò di nuovo a Giles. Ci fu un altro momento di comunicazione silente, questa volta senza imbarazzo. Erano presi dalla situazione del momento. << Dovrei finire di fare la spesa. >> disse lei. << Vi auguro buona giornata. >>

<< Anche a lei. >> rispose Giles, mentre Spike rimaneva silenzioso. Osservò come si allontanava, gettando uno sguardo a Spike che stava ancora fissando il pavimento come se lo affascinasse. << Vieni Spike. Anche noi dobbiamo finire di fare la spesa. >>

~~~~~



Più tardi quella notte, Spike sedette fuori nel cortile dell’appartamento di Giles, a guardare le stelle. Era stato decisamente strano incontrarsi con la madre di Buffy prima, ma bello. Carino, perché lei non l’aveva trattato diversamente da come aveva sempre fatto, con una sorta di calda, ma confusa, considerazione. Eccetto per quell’occasione in cui l’aveva colpito sulla testa con un accetta, naturalmente. E poi, quella volta se lo era meritato.

Spike aveva un momento duro nel cercare di capire chi o cosa si supponeva ora fosse. Quello era il vero problema alla fine. Spike, il vampiro, era stato tutto sulla caccia, l’azione, la lotta, e quel mondo ora gli era chiuso, a meno di volersi far uccidere di nuovo. Ed era abbastanza sicuro di non essere più William. Si ricordava la sua prima umanità con obbiettività, ed un leggero disdegno, che sarebbe stato impossibile se non ci fosse stata tanta differenza.

Quindi lui non era Spike, e non era William. Si ricordava essere un vampiro con desiderio, e rifiutava al tempo stesso le atrocità che aveva commesso. Si ricordava essere umano con vero orrore, ma non era pronto ad uscire fuori e farsi uccidere di nuovo. C’era una parte di lui che desiderava ancora il brivido della caccia, quando la luna era nuova e la notte scura. Ed ancora, aveva scoperto di amare il calore del sole sulla pelle, quando sonnecchiava nella pezza di luce che cadeva sul divano a mezzogiorno.

Spike si guardò la mano, chiedendosi per la centesima volta cos’era che rendeva un uomo un uomo, ed un vampiro un vampiro. Perché tutto e nulla era cambiato, e non aveva idea di cosa fare in merito.
 
Top
Jammarst
view post Posted on 10/11/2008, 23:09




grazie mille
 
Top
ruby76
view post Posted on 10/11/2008, 23:36




Grazie carissima image image
 
Top
JamesMyHero
view post Posted on 11/11/2008, 09:18




davvero stupenda corinne, traduzione eccellente come sempre :20070502_db8e14d170ea89a5c313qJ
 
Top
Corinne - Tizy
view post Posted on 21/12/2008, 21:04




Forse è solo un caso e l'ho notato solo ora che sto per mettere questo capitolo, ma il titolo del capitolo è anche il titolo di una nota canzone natalizia. Non che vi sia qualcosa in correlazione, infatti non si parla di Natale, ma non so perchè mi sembra un pochino appropriato alla vicina festività. Forse è soltanto il messaggio che manda, "Facciamo i buoni, aiutiamo gli infelici", che da sempre è anche il messaggio natalizio, comunque sia, io ho amato questo capitolo e spero farete lo stesso anche voi.
Tanti auguri di Natale in anticipo, ed un abbraccio a tutti.


Capitolo 3: Silent Nights


“I will dedicate and sacrifice my everything for just a second’s worth of how my story’s ending. And I wish I could know if the directions that I take and all the choices that I make won’t end up all for nothing. Show me what it’s for, make me understand it. I’ve been crawling in the dark looking for the answer. Is there something more than what I’ve been handed? I’ve been crawling in the dark looking for the answer.” Hoobastank, “Crawling in the Dark”

“ Io dedicherò e sacrificherò tutto per solo un secondo per come la mia storia sta finendo. Ed io desidero poter sapere se le direzioni che prendo e tutte le scelte che faccio non finiranno tutte nel nulla. Mostrami cosa c’è, fammi capire. Sto strisciando cieco nell’oscurità per una risposta. C’è qualcosa di più di ciò in cui sono passato? Sto strisciando cieco nell’oscurità per una risposta.” Hoobastank, “Crawling in the Dark”


Giles era in difficoltà. Aveva un amica che veniva in città, e non c’era veramente modo che Spike ed Olivia, fossero entrambi ospiti allo stesso tempo nel suo appartamento. Per una ragione, le attività che aveva progettato di avere, non consideravano un terzo giocatore. Per nulla. Inoltre, sarebbe stato solo imbarazzante, e Giles non desiderava un fine settimana imbarazzante, quanto piuttosto qualcosa di veramente rilassante.

D’altra parte, lo stato mentale di Spike era ancora piuttosto fragile, e buttarlo fuori, anche per poco tempo, non sarebbe servito a contribuire alla sua stabilità. Questo significava che aveva bisogno di trovare per Spike un posto dove stare e doveva comunicargli dolcemente la notizia. Il dormitorio delle ragazze era fuori questione per ovvi motivi, e ciò portava a Xander.

Xander non ne volle sapere. << Giles! >> protestò in un basso ringhio, lanciando occhiate a Spike che era seduto accanto a Willow sul divano. << Non c’è modo. >>

<< Xander, mi dispiace dovertelo chiedere, ma non c’è nessun altro. La mia amica sarà qui dopodomani, ed io non posso lasciare semplicemente Spike in strada. >>

Il moretto fece una smorfia. Non era che non gli piacesse Spike. Beh, non gli era piaciuto Spike-vampiro, naturalmente, ma questo Spike era diverso. Più silenzioso, per dirne una, e molto più timoroso. Era la prima volta che Xander vedeva che Spike non scompariva immediatamente da un'altra parte dell’appartamento, o fuori, appena qualcuno della gang si faceva vedere. E l’unica ragione per cui oggi, non se ne era bruscamente andato, era che Willow si era decisa a chiedergli di rimanere.

<< Guardi Giles, vorrei tanto aiutarlo, ma io ed Anya avevamo già fatto dei progetti. >> lui abbassò ulteriormente la voce. << Questa è la prima ragazza che vuole veramente passare del tempo con me dai tempi di Cordelia. Non mi chieda di complicare ora le cose con lei. >>

Giles guardò di soppiatto Xander, e finalmente sospirò. Dato che essenzialmente stava cercando di buttare fuori Spike per la stessa ragione per cui Xander non gli permetteva di rimanere, non poteva veramente discutere. << Va bene, ma… >>

<< Posso stare nella mia macchina. >> Giles si guardò attorno. Spike stava fermo dietro di lui, con un espressione chiusa in volto. Giles non pensò che fosse precisamente arrabbiato, ma lo era… << Posso prendermi cura di me stesso. >> Orgoglio, ecco cos’era. Spike era orgoglioso. E non era disposto ad essere un peso.

Willow era accanto a lui, e guardava da l’uno all’altro sentendo la tensione e volendo eliminarla. << Che sta succedendo, Giles? >>

<< Ho un amica che viene in città. >> ammise lui di malavoglia, non volendo mettere in piazza le sue cose private. << Starà da me per alcuni giorni, e… >>

<< È un amica di orgasmi? >> chiese allegramente Anya.

Giles sentì lo sbuffo di una risata soffocata rapidamente da Spike. Giles non seppe se arrabbiarsi o esserne grato. Era la prima volta che sentiva la risata di Spike. << Si, suppongo sia possibile definirla così. >> rispose rigidamente. << In ogni caso, Spike ha bisogno di un altro posto dove stare per qualche giorno. >>

<< Ho detto che posso stare nella mia macchina. >> disse Spike. Era furioso del fatto che tutti sembrassero ritenerlo incapace di prendere decisioni per sé stesso. Giles aveva buone intenzioni, ma Spike iniziava a sentirsi un po’ ingabbiato.

Il volto di Willow si illuminò. << Oh, perché non va a stare a casa di Buffy? >>

<< Huh? >>

<< Cosa? >>

Sia Buffy che Spike parlarono simultaneamente. La Cacciatrice in quel momento stava studiando, ed evidentemente ignorando l’esistenza di Spike. Lei sbattè le palpebre verso Spike e poi guardò verso Willow. << A casa mia? >>

Willow guardò entrambi che sembravano sorpresi e un po’ arrabbiati. << Perché no? Tua madre va fuori città domani. Ha già chiamato per chiedere se le controllavamo casa per un paio di giorni mentre è in viaggio. Se Spike starà là, sarà come avere un casa-sitter. Tutti saremmo contenti. >>

Buffy sembrò sul punto di protestare di nuovo, ma Giles la sorpassò. << Penso che sia un idea brillante, Willow. >> disse fermamente. << Dubito che per Joyce sarà un problema se Spike le guarda la casa mentre lei è fuori città. Buffy perché non la chiami e glielo chiedi? >> quando Buffy lo fissò arcignamente, Giles si tolse gli occhiali e riprese a pulirli. << O forse dovrei essere io a chiamare. >>

<< Lo farò io. >> rispose lei, sparando un occhiataccia a Spike, mentre andava al telefono.

Willow potè vedere Spike serrare la mascella, e gli posò una mano gentile sul braccio, mentre anche Giles cercava di convincerlo che stare in macchina era una cattiva idea. << Saresti vulnerabile. >> gli ricordò l’Osservatore. << Non solo per i soldati, ma cosa succederebbe se la polizia ti trovasse? Senza documenti… >>

<< Si, lo so. Sarei profondamente nella merda. >> Willow sollevò le sopracciglia. Quella era la prima volta che sentiva Spike imprecare. Il cambiamento del suo carattere era ovvio, e sconvolgente, ma sembrava esserci ancora un po’ del vecchio vampiro dopo tutto.

<< Spike… >>

<< Vaffanculo. >> ringhiò lui, dando una scossa per liberare il braccio da Willow e marciando verso la porta. Giles, Xander e Willow si diedero un’occhiata, prima che Buffy tornasse a raggiungerli.

<< Dove sta andando l’ossigenato? >> chiese lei. << Avrei dovuto dirgli che la mamma sarebbe felice se lui andasse. >> il tono della Cacciatrice era una non sottile mistura di cattiveria e sarcasmo, e Willow fu contenta che Spike se ne fosse andato.

<< È uscito. >> disse. << Andrò ad informarlo. >> sospirò. Sempre a fare da paciere.

Spike era seduto sull’orlo dell’aiuola, i posti avvolti attorno alle ginocchia, fissando giù per terra. << La mamma di Buffy ha detto che sarebbe felice se soggiornerai là. >>

<< Grande. >> ci fu un lungo silenzio e poi lui disse piano. << Posso prendermi dannatamente cura di me stesso, lo sai. L’ho fatto per più di cento anni. Non è come se fossi diventato improvvisamente incompetente. >>

Willow andò a sedersi accanto a lui, pensando che doveva essere bello tosto, essere improvvisamente sradicato dal tuo intero modo di vivere e riuscire a tirarsene fuori. << Ora è diverso. >> disse piano. << Non c’è niente di sbagliato nell’avere bisogno di un po’ di aiuto, Spike. >>

<< Il modo in cui lei…tutti voi mi guardate, come se io… >> lui si fermò, avendo già detto anche troppo.

<< Buffy è solo arrabbiata. >>

Lui la guardò con gli occhi blu che turbinavano come una miscela di emozioni. Rabbia, paura, dolore, solitudine. << Non mi aspettavo che diventasse improvvisamente mia amica, non con tutto quello che ho fatto, ma cos’è quell’essere ora tutta inacidita? >> chiese Spike, onestamente sconcertato.

<< Perché tu sei umano. >> disse piano Willow, dopo averlo dedotto da sola. << Tu sei umano…ed Angel non lo è. >>

Spike spalancò la bocca sorpreso, ed aggrottò le sopracciglia. << Farei volentieri a cambio di posto con quella checca in un minuto. >> brontolò. << Non è come se lo avessi chiesto io questo. >>

Willow scosse le spalle. << Pensaci Spike. Il vampiro che lei ama rimane un vampiro, e lei non può starci insieme. Il vampiro che lei odiava… Probabilmente non è logico, ma le cose stanno così. >>

<< Te lo ha detto lei questo? >> chiese lui.

Willow gli fece un sorrisetto. << Sono amica di Buffy da molto tempo, Spike. Non ho bisogno di chiedere. >>

<< Naturalmente. >> lui alzò lo sguardo quando Buffy uscì impettita.

<< La mamma ha detto che vuole che tu venga stasera. >> annunciò. << Vuole assicurarsi che tu sappia dove è tutto. >> il tono di Buffy diceva chiaramente che a lei non importava veramente se Spike sapeva dove si trovava tutto, o se lui si feriva dormendo per strada, o moriva di fame.

<< Quando vuoi andare via? >> chiese lui, mentre cercava di controllarsi. Buffy alzò soltanto un sopracciglio e picchiettò a terra con la punta dello stivale come risposta. << Va bene. >> mormorò lui. << Lasciami prendere le mie cose. >>

Willow rifiutò di fare il viaggio con loro, sentendosi già in una posizione precaria. Buffy era la sua migliore amica e compagna di camera. Spike era qualcuno a cui lei stava rapidamente iniziando a pensare come un amico. O almeno, come qualcuno che non le sarebbe dispiaciuto avere come amico. Aveva sempre avuto un debole per i perdenti. Ma stare sul sedile posteriore della sua auto, con la tensione che spesso c’era fra di loro…no, grazie.

Spike guidò fino a casa Summers seguendo coscienziosamente tutte le regole stradali. Non aveva nessuna voglia di essere fermato, e per nessuna ragione voleva tentare di impressionare la Cacciatrice con le sue abilità di guida. Davvero, aveva la sensazione in aumento che nulla avrebbe potuto impressionarla a questo punto.

Arrestandosi di fronte alla casa e parcheggiando la DeSoto in strada, la sistemò per bene. Buffy stava per afferrare la maniglia quando la sua voce la fermò. << Guarda, Ca…Buffy. Mi dispiace. Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto in passato. >>

Buffy si girò a guardarlo, ma il suo volto era assente, gli occhi nocciola freddi. << Va bene, Spike. Sei dispiaciuto. >>

L’irritazione che provava da giorni improvvisamente traboccò. << Bloody hell, Cacciatrice! >> scoppiò. << Capisco che hai delle ragioni per odiarmi, e la maggior parte sono abbastanza buone. Ma non sono più un vampiro! Non so chi sono, ma non sono quello Spike! Allora, qual è il tuo problema? Ho fatto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare così tanto a farmi guardare come se fossi dello sporco sotto la tua scarpa? >>

IL suo volto non cambiò; semmai diventò solamente più duro. Spike non aveva mai pensato che fosse possibile. La sua voce quando lei parlò, era abbastanza affilata da tagliare il vetro. << Hai mai pensato che tu non dovresti fare niente, Spike? Che questo è ciò che sei? Non è importante se sei un vampiro o un umano. Tu sei inferiore a me. >>

Spike rimase gelato. Improvvisamente ritornava in una stanza in stile vittoriano a rivelare la sua anima ad una giovane crudele. Sentendo la risata degli altri come sottofondo alle sue parole. Per un breve orribile momento, fu di nuovo William il sanguinario, terribile poeta. Alzando lo sguardo con occhi che minacciavano di esondare, poteva vedere Buffy attraverso il chiaro pezzetto nel parabrezza, battendo impazientemente il piede a terra. Spike prese un profondo respiro e riprese il controllo. Se c’era una cosa che aveva imparato in un secolo di vita…o non vita…era non lasciarsi mai vedere piangere.

Buffy stette abbastanza a lungo a guardarlo dalla porta, baciò Joyce su una guancia, e disse ciao ed arrivederci nello stesso respiro. Inutile dire che non disse niente a Spike. Lui rimase fermo a disagio sull’entrata, non ancora del tutto sicuro di cosa dovesse fare.

<< Entra Spike. >> disse Joyce vivacemente, osservando il suo disagio. << Ho sistemato un po’ la stanza degli ospiti per te. Non c’è molto spazio, ma almeno il letto è libero. >>

<< Va bene. >> borbottò lui. << Apprezzo che lei mi lasci rimanere con un così corto preavviso. >> Spike si ricordò che avrebbe dovuto essere gentile per la maggior parte del tempo, ma ancora non riusciva completamente ad abituarsi. Dopotutto, era un’abilità di cui aveva fatto a meno per oltre un secolo.

Joyce sorrise in risposta, posandogli una mano amichevole sul braccio. << Sciocchezze, sarò felice di sapere che qualcuno fa la guardia mentre sono fuori città. Di solito chiede a Buffy di controllare la casa di quando in quando, mentre non ci sono, ma lei è così occupata, lo sai. >>

<< Si. >> rispose Spike, non veramente sicuro di cosa avrebbe dovuto dire in proposito. Buffy non lo faceva partecipe dei suoi piani e della sua vita.

<< Bene, perché non ti mostro dove sono le cose? >> suggerì lei. << So che sei già stato in casa, ma non penso che tu abbia mai fatto il giro completo. >>

Spike annuì e poi la seguì per la casa. Lei gli mostrò dove mettere la borsa, e lui si ritrovò grato di non dover stare nella vecchia stanza di Buffy. Per come stavano le cose fra di loro, aveva la sensazione che si sarebbe ritrovato impalettato se fosse stato tanto coraggioso da dormire nel suo letto. Umano o no.

Una volta che gli ebbe mostrato la casa, Joyce lo ricondusse in cucina. << Hai già mangiato? >> chiese.

Spike esitò. Non aveva mangiato, ed erano passate le sette, e stava morendo di fame. D’altra parte non voleva realmente essere un peso, così disse che stava bene. Naturalmente, il suo stomaco scelse giusto quel momento per ringhiare piuttosto rumorosamente, un'altra funzione del suo corpo a cui stava ancora cercando di abituarsi.

<< Lo prenderò come un no. >> disse Joyce, con qualcosa di simile ad un sorriso.

<< Non voglio essere un fastidio. >> protestò Spike.

Joyce sollevò le sopracciglia. << Tu sei tutt’altro che un fastidio, Spike. Inoltre, di solito mangio da sola. Sarà bello avere compagnia una volta tanto. Avevo sperato che Buffy rimanesse, ma so che doveva scappare. >>

Spike non le disse che era per causa sua se la figlia non aveva nessun desiderio di rimanere. Non c’era ragione e non voleva suonare come se si sentisse dispiaciuto, anche se forse lo era. Inoltre, aveva potuto sentire la solitudine nella sua voce, ed era la stessa nota che aveva sentito spesso nelle parole di Giles, parlando della Cacciatrice ed i suoi amici. Nessuno degli adulti era più parte integrante delle cose. E mentre quell’indipendenza era una buona cosa, cambiava anche le dinamiche di ogni giorno in un modo che era doloroso per chi restava indietro.

<< Sarà bello mangiare la cucina di qualcun altro. >> disse, sforzandosi di chiacchierare come se non avesse difficoltà. << Giles fa del suo meglio, ma non è uno chef. >>

Lei gli sorrise. << Beh, sono sicura che gli piace la compagnia tanto quanto a me. >>

Spike scosse le spalle. << È stato un po’ duro per lui buttarmi fuori quando sono giunto davanti alla sua porta come un disperso. >> rispose sminuendo. << Non sapeva cos’altro fare con me a quel punto, presumo. >>

Joyce lo guardò rapidamente, gli occhi nocciola che catturavano quello che altri probabilmente si perdevano: i segni sul suo volto che prima non erano stati là, i cerchi scuri sotto gli occhi, la posizione della mascella che parlava di una tensione perpetua. Le era piuttosto ovvio che Spike era disperatamente infelice, anche se cercava di scrollarselo di dosso. << Mmm. >> era una risposta poco impegnativa, sapendo abbastanza bene quando lasciar cadere. << Come ti suona la pasta? >> gli chiese.

Fu una cena facile da mettere insieme. Joyce cucinò e tenne acceso il dialogo, rifiutando che Spike l’aiutasse. Aveva la sensazione che quello di cui lui aveva realmente bisogno, fosse un po’ di atteggiamento materno, e così fece esattamente quello. Dicendogli della galleria, chiedendogli di Giles e degli altri, e finalmente mettendogli il piatto pronto di fronte, mentre lui si sedeva all’isola di cucina. << Non avrebbe dovuto farlo. >> disse lui piano, le emozioni che minacciavano di nuovo di sommergerlo.

<< Volevo. >> fu tutto quello che Joyce disse. Aspettò fino a quando non era a più di metà del pasto prima di fargli la domanda. In un certo modo, era più facile avere a che fare con Spike che con Buffy. Sua figlia le era sempre stata un po’ aliena, mentre quest’uomo era un libro aperto.

<< Posso farti una domanda? >>

Il tono era innocente, e Spike era stato cullato nel compiacimento del buon cibo e della compagnia. << Certo. >> rispose, fra un boccone di pasta e l’altro. << Questa è dannatamente buona a proposito. >>

<< Grazie. >> rispose lei, divertita da suo entusiasmo di ragazzo. << Qual è il tuo nome? >>

Spike alzò lo sguardo sorpreso. << Lei conosce il mio nome. >>

<< Non il tuo vero nome. >>

Ci fu un momento di silenzio, prima che Spike chiedesse sospettosamente: << Perché? >>

<< Perché mi piacerebbe saperlo. >> disse semplicemente Joyce. << E in qualche modo ho la sensazione che Spike non sia il nome che ti aveva dato tua madre. >>

Spike aggrottò le sopracciglia. Non lo era di certo, e sua madre probabilmente si sarebbe rigirata nella tomba… << Qualche volta lei le somiglia. >> bisbigliò.

<< A chi somiglio, Spike? >> chiese Joyce.

Occhi blu non le lasciarono mai il volto, mentre scuoteva la testa. << William. È così che mi aveva chiamato. Qualche volta, quando la luce…lei le somiglia un po’ . >>

<< Cosa le è successo? >> Joyce si chiese se la chiave per l’uomo di fronte a sé non fosse la risposta a quella domanda.

L’angoscia e la colpa infuriarono sul volto di Spike, ma non disse niente. Joyce esitò, poi cambiò tattica. << Quanti anni hai? >>

<< Venticinque, penso. >> mormorò lui. << No, non esattamente. Fu un paio di mesi prima del mio compleanno che… >>

<< Cosa successe? >>

Lui scosse le spalle, tentando si sollevarle dal peso delle emozioni che sembravano affliggerlo allo stesso tempo. Spike non era mai stato uno che nascondeva i sentimenti, ma ora era diverso. C’erano troppo cose che potevano soverchiarlo. Era troppo duro tenere una faccia da poker. << Andai ad una festa. >> disse finalmente. << Là c’era una ragazza di cui pensavo di essere innamorato, ma lei non provava lo stesso. Almeno disse così. >> le cicatrici erano ancora visibili, facendo trapelare un dolore quasi tangibile dagli occhi. << Corsi fuori piangendo come una dannata checca. Dru mi trovò. È tutto. >>

<< Come è stato? >> quando il suo sguardo fisso sembrò oscurarsi, Joyce gli toccò la mano. << William. Dimmelo per favore. Buffy non mi lascia mai entrare, ed io voglio sapere almeno un po’. Non ho mai avuto prima la possibilità di chiedere. >> Spike ancora non parlò, ed il suo volto era un po’ arrossato dall’imbarazzo. << Fidati di me, penso che probabilmente ho sentito di tutto. >>

Lui fece una piccola risata che suonò come uno sbuffo e rispose: << È come il miglior sesso che abbia mai fatto. Non somiglia a niente che si possa aver provato, tutto bellezza e grandezza. Sensi così buoni e dolore così cattivo tutto allo stesso tempo, si? >> quando Joyce annuì, lui continuò, le parole che gli rotolavano sulla lingua. Era stato così bello dirlo, essere capace di parlare di qualcosa che non era mai stato detto, a qualcuno che non sarebbe corso via per metterlo da qualche parte in un libro. Per quanto fosse grato a Giles, Spike qualche volta pensava che lui lo considerasse solo come un buon esemplare, un esempio di quando accade l’impossibile ed un vampiro diventa umano.

<< Loro mi seppellirono nel Campo del Vasaio. >> disse, le dita che giocavano con la forchetta incoscientemente. << Scavai per uscire e trovai Dru che mi aspettava. Tornammo a casa mia per dei vestiti ed altre cose. >> Spike prese un profondo e necessario respiro. << Mamma…mamma era malata. Consunzione la chiamavano allora, ma lei stava morendo. >>

<< L’hai uccisa. >> era un asserzione di fatto, non una domanda o un accusa. Joyce poteva vedere la verità tutta scritta sul suo volto espressivo.

<< Io l’amavo. >> fu detto con una tale semplicità, che Joyce potè sentire le lacrime nei suoi stessi occhi. << Mi sentii così dannatamente buono. Come se fossi in cima al mondo, senza mai preoccupazioni sul dannato patetico essere che ero sempre stato… >> Spike si fermò di nuovo, non volendo rivelare troppo. << Volevo che lei stesse sempre con me, così la girai. E poi lei non fu più la mia mamma. >>

C’era di più in quella storia, ma Joyce non insistette, non quando poteva vedere come Spike lottava disperatamente per controllarsi. << Stai bene? >>

<< Certo. Se lo voglio. >> disse lui, allontanando la sua domanda con un accenno della sua vecchia arroganza.

<< Lei deve averti amato moltissimo. >> bisbigliò Joyce, pensando che dalle sue omissioni, lui doveva essere stato un figlio unico, e che erano stati solo lui e sua madre. Pensò a quanto amava Buffy, con un genere di amore che solo una madre sa provare per un figlio unico. Vedendo negli occhi di Spike come profondamente l’aveva amata.

L’inequivocabile asserzione di Joyce allentò inconsapevolmente la diga. Le emozioni che stava così duramente cercando di trattenere da giorni, esplosero libere, prima che un lento gocciolamento di lacrime iniziasse a rotolargli giù per il volto, poi lui si spezzò, mentre le chiuse si aprivano. I singhiozzi che laceravano il suo torace quasi spaventavano per la loro intensità. << Non posso farcela. >> ansimò. << Non posso…non posso. >> sentì le braccia di Joyce che lo abbracciavano e lo attraevano al suo torace, tenendolo e cullandolo fino a quando non si calmò.

Quando finalmente si tirò indietro, fu sia con riluttanza che con un vago senso di vergogna; riluttanza perché era stato così bello essere tenuti in quel modo, vergogna perché si sentiva debole per desiderarlo. << Scusi. >> borbottò. << L’ho un po’ inumidita. >>

<< Non scusarti. >> disse Joyce con un sorriso, lisciandogli indietro un ricciolo sulla fronte. << Non ho mai tante occasioni di fare da madre a qualcuno. È bello sapere che non ho perso il mio tocco. >>

Spike ricompensò il suo tentativo di umorismo con un debole sorriso. << Grazie, mamma. >>

L’appellativo voleva essere detto come uno scherzo, ma conteneva una verità dietro che non faceva per niente ridere. << Stai veramente bene? >> chiese lei, passando sopra alla sua battuta. << Perché posso ancora annullare il mio viaggio. >>

L’ex vampiro la fissò. << Farebbe questo per me? >>

<< Naturalmente. >> rispose lei senza nessuna esitazione nella voce. << Mi preoccuperei troppo per te. >>

Lui scosse la testa. << Starò bene. Solo sapere che resterebbe… >> il sorriso che le fece questa volta fu più valido, e poi guardò giù al suo piatto di pasta ancora mezzo pieno. << Ho fatto raffreddare la sua cena. >>

<< Basterà infilarla nel microonde per un minuto. >> rispose Joyce. Mangiarono il resto del pasto in silenzio, entrambi presi dai loro pensieri. Joyce non era completamente sicura che Spike stesse bene. Anche quando era stato qui in precedenza, a piangere sul cioccolato caldo per Drusilla, non era sembrato così affranto.

Joyce aveva sempre avuto un debole per i perdenti. Le era sinceramente piaciuta Faith, avrebbe voluto poter essere capace di salvarla. Ma la Cacciatrice mora era, in molti modi, andata troppo lontana per poterla raggiungere. In più, c’erano stati degli eventi che avevano cospirato per far sprofondare ancora di più Faith. Spike sembrava come lei; tutto spigoli, ma con una profonda vulnerabilità che splendeva dai suoi occhi blu, che la richiamavano come una sirena.

Spike, da parte sua, era improvvisamente imbarazzato per aver pianto sulla spalla di Joyce. Ma doveva ammettere di sentirsi bene. In qualche modo, piangere da solo o piangere in compagnia di qualcuno a cui importava, era completamente diverso. Sforzandosi di dire qualcosa che non lo imbarazzasse ulteriormente, chiese: << Allora, che genere di pezzi ha ora in galleria? >>

La tensione si dissipò dopo che Joyce si spostò su argomenti più sicuri, e Spike l’aiutò a ripulire. << Ti andrebbe del cioccolato caldo? >> chiese lei una volta che i piatti vennero lavati, asciugati e messi via.

Il volto di Spike si illuminò in un lento genuino sorriso. << Si, sarebbe veramente bello, mamma. >>

~~~~~



Joyce se ne era andata da tempo, quando Spike strisciò fuori dal letto quella mattina. Lei aveva lasciato sul tavolo una nota, su dove poteva trovare il cibo nel congelatore e nella dispensa, insieme alle indicazioni per annaffiare le piante. Alla fine, aveva aggiunto una piccola nota. “Ce la farai, William. Le cose ora sembrano dure, ma diventeranno più facili con il tempo. Solo ricorda, se mai avrai bisogno di parlare, io sarò qui pronta per ascoltarti.”

Lui sorrise di riflesso. Tra Joyce e Willow, si sentiva quasi benvenuto nel mondo dei viventi. Passò il primo giorno in casa, come da istruzioni di Giles. Solo che c’erano così tante ore del giorno di TV, che adesso poteva affermare che il suo cervello sembrava star funzionando di nuovo. Passioni era il massimo, ma Jerry Sprinter era vecchio e stupido. La sua vita era già abbastanza alienata senza dover aggiungere l’alienazione mentale delle persone stupide.

Finalmente Spike prese uno dei libri di Joyce, perdendosi per il resto della giornata nella terra di mezzo. Non aveva idea del perché la madre di Buffy potesse avere il classico di J. R. R. Tolkien, ma era una bella lettura per lui. Fermandosi sul tardi solamente per cenare, si fece strada attraverso il primo libro della trilogia, prima che fosse troppo stanco per tenere gli occhi aperti.

Quella notte sognò di orchi che lo inseguivano con bisturi e provocavano la devastazione fra gli hobbits.

Era mezzogiorno del giorno seguente, prima che notasse che qualcosa di strano stava succedendo. Era andato in cucina per prepararsi un panino, ed aveva sbattuto un dito del piede. Ma quando aveva aperto bocca per imprecare maledizioni, non ne era uscito nulla. Spike aggrottò le sopracciglia e tentò di nuovo, questa volta non per bestemmiare, ma solo per dire qualcosa. Ed ancora non uscì nulla.

C’era solo un posto in cui andare…ancora. Nonostante il fatto che non avrebbe dovuto lasciare la casa, voleva sapere cosa realmente stesse succedendo, e se qualcuno poteva dirglielo, solo Giles e la gang potevano farlo. Non che volesse rivedere Buffy.

Con la DeSoto, riuscì a raggiungere l’appartamento di Giles in pochi minuti. Si sorprese quando la porta si aprì e Giles gli afferrò la spalla sollevato nel vederlo. Infatti, quando entrò, Xander ed Anya lo salutarono davvero con la mano, e Willow venne ad abbracciarlo. Spike incontrò gli occhi di Buffy per un lungo momento, e fu lei quella a distoglierli per prima.

Passarono la giornata cercando di scoprire chi era stato a rubare le voci di Sunnydale, perché aveva colpito l’intera città. C’era qualcosa di intensamente spaventoso in tutta quella situazione, e sebbene non fosse molto eccitato nel doverlo fare, Spike tornò a casa Summers che ormai era notte. Aveva promesso a Joyce che avrebbe fatto la guardia, ed un uomo manteneva le sue promesse. Almeno, per quanto poteva ricordare.

Le notizie in prima pagina il mattino successivo, comunque, lo rispedirono diretto da Giles, e fu nell’auditorium dell’università , che l’ex-bibliotecario diede la spiegazione. Quando tutti si dispersero, aspettando come al solito che la Cacciatrice salvasse il giorno, Spike si ritrovò ancora ad essere da solo. Giles sarebbe stato chiaramente con Olivia, e Xander ed Anya se ne andavano per la loro strada dopo il loro piccolo litigio. Buffy era andata a cercare di riavere le voci, e lui se ne era andato per difendersi.

Questo fu il perché stesse bussando piuttosto timidamente alla porta di Willow, cinque minuti dopo essere entrato nel dormitorio. Willow gli agitò anche le dita mentre alzava divertita un sopracciglio. Prendendo una delle lavagnette bianche, scrisse: “Non volevi stare da solo, huh?”

Spike scosse le spalle e roteò gli occhi, afferrando la lavagnetta, scrisse: “Ti disturbo?”

Willow scosse la testa e scrisse in risposta: “No. I compiti possono aspettare. Film?”

“Che hai?”

Erano occupati a guardare Sleepless in Seattle, dopo che Spike, sebbene silenziosamente protestò veementemente, quando entrambi sentirono un martellio. Condividendo uno sguardo ansioso, Willow fermò il film ed andò alla porta. Spike rimase fermo davanti ad essa, ed accennò con la testa, mentre lei la spalancava. Aggrottò le sopracciglia non vedendo subito qualcuno, ed uscì dalla stanza. La ragazza bionda gli finì addosso, sbattendolo al pavimento e facendogli torcere un ginocchio sotto di sé. Fece un silenzioso gemito di dolore, e poi allargò gli occhi quando vide i mostri che la inseguivano. Willow e l’altra ragazza furono al suo fianco in un secondo, aiutandolo ad alzarsi e sostenendolo giù per le scale.

Riuscirono ad arrivare alla lavanderia e chiudere la porta a chiave. Però, anche se erano in tre, non riuscirono a spostarci davanti il distributore. Spike stava in piedi a malapena, la gamba che pulsava, ma non intendeva stare seduto a guardare dei mostri attaccare le ragazze. Willow lo tirò via dalla porta e dalla macchina del sapone, fissando intensamente il distributore.

Tremò un paio di volte, ma non si spostò. Spike guardò lo sguardo strano di Willow, fino a che la strega rossa si accasciò contro il muro. La bionda guardò da lei al distributore tesa, mentre i colpi alla porta continuavano. Sembrava che i Gentiluomini sarebbero entrati da un momento all’altro. Improvvisamente, la sensazione nella stanza cambiò drasticamente, quando la bionda afferrò la mano di Willow. Entrambe le loro teste scattarono a fissare la macchina del sapone, che scivolò sul pavimento e sbattè contro la porta.

Spike comprese di essere scomparso dalla stanza, mentre le due ragazze si fissavano a vicenda. Si sentì quasi come se stesse interrompendo un momento molto privato. Poteva sentire la tensione sessuale e non risolta che turbinava fra di loro.

E quando le voci tornarono, nessuno sapeva cosa dire.

---------------
Beh non pensate anche voi che Joyce e Willow si meriterebbero una medaglia per come si prendono cura di Spike?
 
Top
ruby76
view post Posted on 22/12/2008, 15:26




Grazie per aver postato carissima image
 
Top
JamesMyHero
view post Posted on 22/12/2008, 16:25




grazie corinne, attendevo con ansia il seguito
tantissimi auguri di buone feste anche a te!!! image :20070502_db8e14d170ea89a5c313qJ
 
Top
7 replies since 14/10/2008, 19:58   541 views
  Share